valutazione dei rischiIl tema della comunicazione, indica che la scarsa chiarezza in merito alle modalità di attivazione degli allarmi può essere causa di confusione o di tensione tra gli addetti.

Un esempio è il segnale di pericolo utilizzato in correlazione agli eventi tellurici nelle scuole. Nella maggioranza delle attività, soprattutto se di grandi dimensioni, l’uso di un allarme generico (come una sirena) spesso non consente di bilanciare le informazioni fornite e richieste che siano gli addetti, ovviamente formati, a guidare gli utenti verso l’azione più idonea a fronteggiare il rischio specifico (indirizzarli in una direzione o verso una scala, aprire o chiudere porte, ecc).

Non basta avere un impianto fonico funzionante per assicurare misure efficaci:
  • a volte l’allarme è mal posizionato e le parole risultano incomprensibili o distorte;
  • il messaggio deve tenere conto della sua comprensibilità da parte degli utenti presenti (bambini, anziani, ecc) ed essere necessariamente breve e ripetuto (anche in altre lingue se il luogo lo necessita);
  • le indicazioni devono essere idonee alla crisi che si è manifestata quindi prevedere un coordinamento diretto con il sistema di rilevazione del pericolo; si tratti di un rilevatore automatico di gas, di fumo o di fuoco oppure di un allarme dato dalla squadra emergenza o di un evento subito percepibile da tutti (terremoto, crollo, ecc).
Quale tipo di messaggio fonico è il più efficace?

E nel caso si utilizzino messaggi pre-registrati vi è il forte rischio che le persone possano essere convogliate genericamente verso tutte le vie di esodo e non nella direzione che consente realmente di evitare il pericolo; ad esempio lontano dal fumo o dal fuoco in caso di incendio. Lo stesso accade quando il messaggio non tiene conto della possibilità di altri rischi (alluvione, terremoto, incendio, ecc) e prevede sempre e solo certe procedure (antincendio) oppure l’esodo indifferenziato, anche quando non sarebbero indicati. In questo senso l’uso di un sistema fonico con messaggi dati ‘in diretta’ da addetti specificamente formati, è generalmente considerato un metodo di allarme sonoro molto efficace; purché gli incaricati siano effettivamente in grado di indicare alle persone il comportamento più adatto da tenere.

Si sottolinea che la procedura che individua come e chi allertare (o da cui attendere informazioni) è un elemento strategico all’interno del Piano di Emergenza e dovrebbe comprendere sia l’analisi di rischi interni all’attività (ad esempio un incendio) sia di pericoli ambientali annunciati (l’arrivo di un tornado, il rischio di esondazione, ecc) o già avvenuti (ad esempio un terremoto). Oggi questo aspetto è in genere limitato all’indicazione dei numeri da contattare in caso di necessità, quindi esistono ampi margini di miglioramento.

In particolare le scuole hanno il compito di studiare un proprio protocollo di comunicazione in emergenza con:
  • gli uffici dei dirigenti superiori;
  • gli enti cui potrebbe essere necessario chiedere aiuto/informazioni;
  • le famiglie.

Ricordando che nei Piani di Emergenza vi è un uso diffuso della procedura di esodo quale elemento di garanzia della messa in sicurezza delle persone, esistono molti rischi che possono e debbono essere affrontati attraverso la ‘difesa sul posto’ e non con l’evacuazione, sia perché il pericolo si trova all’esterno dell’edificio (ad esempio un’alluvione) sia perché la natura del pericolo da affrontare è assai minore dei rischi connessi all’esodo stesso. È tipicamente il caso degli ospedali, dove prima di trasferire i pazienti all’esterno deve essere garantita la possibilità di mettersi in sicurezza all’interno del fabbricato.

Infine dato che le emergenze possibili sono tante e diversificate e che i luoghi influenzano inevitabilmente i margini di intervento, la strategia di elaborazione del Piano di Emergenza dovrebbe essere pragmatica nella valutazione degli eventi possibili e prevedibili, reggendosi soprattutto su un’organizzazione interna in cui tutti abbiano compiti e quindi fornendo a tutti (non solo agli addetti) le informazioni utili per gestire ciò che accade in caso di emergenza; ovviamente tenendo conto del ruolo di ciascuno.

In questo senso gli elementi da includere nel Piano potrebbero essere quindi sintetizzati in:
  • Prendere atto dei compiti principali nel sistema di gestione, definendo:
  • a chi competono le responsabilità decisionali;
  • le responsabilità su terzi e la possibilità di compensare l’assenza, anche temporanea, di alcuni ruoli;
  • Conoscere ciò che accade in caso di emergenza ed implementare le capacità di reazione delle persone. Il Piano di Emergenza dovrebbe attribuire a tutti un ruolo attivo, a ciascuno secondo le proprie competenze;
  • Analizzare il contesto, che comprende: l’edificio, le persone, l’ambiente, i rischi presenti nell’attività e quelli ambientali. La gestione delle emergenze, oltre agli elementi interni alle singole attività non può prescindere dall’analisi dell’ambito in cui queste sono inserite;

Addestrare e formare alla sicurezza, cioè educare le persone ad essere: capaci di progettare, capaci di dominare emozioni, responsabili, attive, solidali e resilienti. La gestione delle emergenze richiede infatti molta attenzione al grado di partecipazione che ci si attende dagli utenti; indirizzando le attività formative verso quel livello di coinvolgimento.

A cura di Giovanni Polidoro

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Fonte della notizia: www.puntosicuro.it

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