Qualunque operatore, durante la propria attività in cantiere, affronta delle situazioni che, nella maggioranza dei casi, possono essere definite normali; alcune volte, queste normali situazioni, possono evolversi in modo ben diverso da quelle che erano le aspettative iniziali. Pertanto, qualunque normale situazione lavorativa può negativamente evolversi in una situazione pericolosa.
Ad esempio, un operaio neoassunto anche se dotato del suo formale bagaglio di corsi di formazione, dipendente di una ditta che effettua normalmente manutenzioni e ristrutturazioni, deve procedere, con i colleghi, al rifacimento di una porzione del tetto di una palazzina resosi necessario dopo un’abbondante nevicata. Questa è una situazione potenzialmente pericolosa, per il neoassunto, perchè il lavoro viene effettuato a notevole altezza; egli lavora per la prima volta su un tetto e non conosce tutte le regole pratiche per lavorare in altezza.
Inoltre, non è in grado di adeguarsi al ritmo di lavoro dei colleghi più esperti che, comunque, lo incitano a mantenere il loro ritmo. Per i lavori sul tetto della palazzina, pur se prevista dal coordinatore per la progettazione nel piano di sicurezza e coordinamento, risulta organizzativamente e tecnicamente faticoso utilizzare una linea vita per l’uso delle cinture di sicurezza durante il montaggio del ponteggio perimetrale che consenta di muoversi con tranquillità e rapidità tale da far fronte alle richieste dei colleghi esperti che, spesso, non utilizzano le cinture di sicurezza durante il montaggio del ponteggio. Infine, le condizioni atmosferiche possono condizionare fortemente il lavoro e quindi l’incolumità dei lavoratori (pioggia,vento, gelo, ecc.).
considerazioni:
La prima considerazione che si può fare è che l’aspetto oggettivo del pericolo (lavoro in altezza) non è mai del tutto eliminabile, nè con la ricerca prevenzionale in fase progettuale effettuata dal coordinatore per la progettazione, nè con gli apprestamenti (ponteggi) e le linee vita e le cinture di sicurezza; questi, infatti, diminuiscono il pericolo ma non lo eliminano completamente.
La seconda considerazione riguarda la necessità, per il personale, di adottare comportamenti sicuri, per tutelarsi realmente dai pericoli per i quali le protezioni di tipo tecnico non sono sufficienti.
La terza considerazione ci porta a constatare che comportamenti pericolosi possono rendere superflua qualsivoglia misura, procedura, norma, ecc., di tipo tecnico-procedurale, adottata per tutelare l’integrità psicofisica del personale stesso.
cosa bisogna fare per ridurre i rischi di infortunio?
Visto che, obiettivamente, non è possibile evitare che il neo assunto vada sul tetto a lavorare, bisogna specificatamente istruirlo ed addestrarlo. L’istruzione e l’addestramento del solo neoassunto però non basta, in quanto è necessario eliminare anche il comportamento potenzialmente pericoloso dei colleghi più esperti. Quindi, per ridurre il rischio di infortunio, non resta che intervenire, istruire e sensibilizzare tutti i lavoratori a lavorare in sicurezza; in particolare il neoassunto cercando, nel contempo, di renderli tutti il più possibile consapevoli del problema.
Nell’esempio citato precedentemente, un lavoratore che cammini su di un tetto, a parecchi metri dal terreno, reso scivoloso dalle condizioni atmosferiche e che sia stato preventivamente informato del rischio esistente, potrà ridurre con un’appropriata percezione della situazione, la reale pericolosità insita nella situazione stessa. Questa percezione della pericolosità non è altro che il rischio presente in quella particolare situazione lavorativa. Si può, dunque, tranquillamente affermare che la probabilità del verificarsi di un infortunio è funzione sia della reale pericolosità insita nella particolare situazione lavorativa, sia nella percezione che il soggetto ha di questa pericolosità.
A cura di Giovanni Polidoro
Fonte della notizia: www.puntosicuro.it
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