La Valutazione dei Rischi per Genere Età Provenienza, viene spesso concepita in forma “neutra” o, meglio, “maschilmente neutra”. Essendo pensata per l’”uomo medio”, è inadatta agli individui (donne e uomini) “fuori media” (es. ergonomia del posto di lavoro).
Valutare i rischi connessi alle differenze di genere significa per il datore focalizzare l’attenzione sulla organizzazione del lavoro. Va posta accuratezza a quegli elementi fisici e biologici (es. peso e altezza); culturali e sociali (es. spesso le donne svolgono ancora la maggior parte dei lavori domestici il che fa aumentare il loro “tempo di lavoro”), che differenziano uomini e donne in modo da garantire pari opportunità di tutela tra gli stessi anche in relazione alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Una valutazione dei rischi che voglia tenere, altresì, conto delle differenze di età, dovrà necessariamente considerare i lavoratori divisi per classi. Ad esclusione dei “lavoratori standard” (29-45/50 anni) che non evidenziano alcuna specifica rischiosità espositiva connessa all’età, i “lavoratori giovani” (15-24/29 anni) e i “lavoratori maturi e anziani” (oltre 50/55 anni e oltre 60 anni non ancora pensionabili), seppur per motivi diversi, necessitano infatti di una particolare attenzione da parte del datore di lavoro con riferimento sia alla formazione che all’adattamento nel tempo delle mansioni assegnate.
I primi per:
- lo sviluppo fisico non ancora completo,
- la mancanza di esperienza lavorativa,
- la scarsa familiarità con l’ambiente di lavoro;
i secondi, magari prossimi al pensionamento, per:
- problematiche di tipo fisico o psichico come la riduzione della massa e forza muscolare,
- la diminuzione della capacità visiva e uditiva,
- la parziale compromissione delle capacità intellettive e della memoria recente.
L’analisi del rischio lavorativo insito nella provenienza del lavoratore da un paese straniero non può, inoltre, prescindere dal problema culturale della derivazione geografico – nazionale appurato che occorre considerare le specificità di alcune culture per la percezione della esposizione al pericolo, della comprensione e accettazione del rischio, del rispetto delle misure, delle regole e delle persone.
La valutazione dei rischi per genere età provenienza, nelle diverse tipologie di contratto
E ancora, alcuni contratti di lavoro, come quelli a termine; somministrazione; intermittente recano in sé un rischio maggiore connesso alla loro stessa “flessibilità tipologica”. I lavoratori “temporanei” risultano esposti a rischi maggiori in ragione della particolare natura del loro rapporto di lavoro, a prescindere dalla oggettiva pericolosità della attività svolta. Ciò deriva dal fatto che la prestazione viene resa spesso in ambienti nuovi e le mansioni sono poco conosciute. Inoltre l’inserimento integrale nella organizzazione aziendale e nello specifico gruppo di lavoro è reso difficoltoso dalla percezione psicologica della precarietà occupazionale reciprocamente avvertita dal lavoratore e dai colleghi. In aggiunta l’informazione, la formazione e l’addestramento, anche laddove espletati, risultano spesso qualitativamente e quantitativamente inadeguati.